Gli orfani, nella letteratura mondiale, rappresentano degli archetipi importanti. Se nella teoria de “Il viaggio dell’eroe” di Christopher Vogler, l’eroe deve confrontarsi con una morte che sia anche simbolica, gli orfani della narrativa dialogano di continuo con il ricordo della dipartita dei loro cari. Ma questo non li rende certo deboli: gran parte degli orfani in letteratura riesce a compiere imprese degne di essere raccontate.
A partire da Pin, il protagonista di uno dei libri più belli del Neorealismo italiano, “Il sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino. Pin è un bambino che vive con la sorella che è una prostituta e non lo tratta granché bene. Inizierà così un viaggio che lo porterà tra i partigiani, durante la Resistenza, a scoprire quanto vale davvero la vita umana e quali sono le emozioni che vivono gli adulti.
Ecco quindi una carrellata di orfani che è presente nei libri. Senza dimenticare che molti di essi hanno dato vita a film e anche a cartoni animati. Negli anni ’70 e ’80, tra l’altro, vale la pena ricordare che gli anime giapponesi erano costellati dalle figure di orfani, da Candy Candy a Naoto Date ossia “L’Uomo Tigre“. Senza dimenticare Yoko Ischu, ultima di sette fratelli orfani e protagonista di “Coccinella“.
Harry Potter, dall'omonima saga di J.K. Rowling
Il maghetto più famoso del mondo non ha certo bisogno di presentazioni. Ma anche lui… è un orfano. Harry affascina perché riesce a essere buono e virtuoso nonostante il male sia intorno a lui.
Katniss Everdeen, dalla trilogia di "Hunger Games" di Suzanne Collins
Tecnicamente, Katniss è solo orfana di padre, morto nel crollo della miniera di carbone nel Distretto 12. Ma la madre è un po’ assente e lei deve badare alla sorellina Primrose. Katniss è il simbolo del riscatto: anche l’essere orfana di padre è un’ingiustizia, ma la sua vittoria parte innanzi tutto dal bisogno di sopravvivenza.
Oliver Twist, da "Le avventure di Oliver Twist" di Charles Dickens
Una storia affascinante, calata nel proprio tempo: Charles Dickens narra la condizione dell’infanzia in una Londra appestata dal fumo delle fabbriche. E quelli che se la passano peggio sono gli orfani. Ma Oliver sa anche sollevare la testa e chiedere di avere altra zuppa.
Laurie Lawrence, da "Piccole donne" di Louise May Alcott
È il vicino di casa e migliore amico di Jo March, della quale si innamora. La madre di Laurie, dopo aver sposato un uomo inviso alla famiglia, è morta molto giovane e ora lui vive con il nonno burbero e arcigno.
Candy Candy, dall'omonimo romanzo di Kyoko Mizuki
Forse non tutti sanno che Candy Candy è tratto da un romanzo, poi divenuto manga e infine anime. Qui gli orfani si sprecano. Ma il vero simbolo dell’infanzia senza genitori è la protagonista, che riesce ad affrontare qualunque sventura con un sorriso.
Remi, da "Senza famiglia" di Hector Malot
Anche qui un cartone animato tratto da un romanzo, stavolta molto più famoso. Parliamo di “Senza famiglia”, la storia di Remì che si mette in viaggio per cercare la sua vera mamma. Il romanzo è scritto dallo stesso autore di “In famiglia”, un’altra storia che vede protagonista un’orfana.
Tom Sawyer e Huckleberry Finn, da "Le avventure di Tom Sawyer" e "Le avventure di Huckleberry Finn" di Mark Twain
I due monelli nati dalla fantasia di uno dei padri della letteratura statunitense rappresentano delle pietre miliari nella narrativa per ragazzi.
Sara Crewe, da "La piccola principessa" di Frances Hodgson Burnet
È la protagonista del libro “La piccola principessa”, diventato nel 1939 uno splendido film con Shirley Temple. Sara è orfana di madre, quando, in collegio, riceve la notizia che il padre è morto per una febbre. Cadrà in disgrazia, ma riuscirà a incontrare il proprio destino.
Jack Worthing/Ernest, da "L'importanza di chiamarsi Ernesto" di Oscar Wilde
In una girandola di divertentissime gag, si snoda la storia di Jack, che dice di chiamarsi Ernest per opportunità. Fino a quando non scoprirà i suoi reali natali.
David Copperfield, dall'omonimo romanzo di Charles Dickens
David è la dimostrazione che le vicissitudini non sono mai abbastanza contrarie quando si ha la volontà. Orfano di padre, viene allontanato dal nuovo marito della madre e mandato un collegio: David avrà una luminosa carriera e incontrerà l’amore, per ben due volte.
Jane Eyre, dall'omonimo romanzo di Jane Austen
Se abbiamo visto solo il film, vale la penaleggere il libro. Jane, orfana passata per mille vessazioni, fino a che non arriva come istitutrice nella misteriosa casa di Mr. Rochester, è il simbolo di una donna integra e solo apparentemente fragile che, non supportata da alcuna bellezza fisica, saprà sondare le profondità dell’animo umano, seguire se stessa e… il grande amore.
Lisbeth Salander, dalla Millenium Trilogy di Stieg Larsson
Affascinante e insolita hacker, Lisbeth Salander è una donna forte che il mondo dei maschi vuole oscurare. A 18 anni viene affidata a un tutore. Ma le sue rocambolesche avventure fanno sì che la sua figura resti nel cuore del lettore.
Peter Pan, da "Peter Pan nei giardini di Kensington" di James Matthew Barrie
Per la serie: bambini che non hanno apparentemente un padre e una madre e se ne vanno in giro per isole che non ci sono come se la cosa fosse normale. Sebbene questo personaggio abbia dato il nome a una sindrome – indica quelle persone che non vogliono crescere e assumersi responsabilità – resta l’emblema dell’infanzia senza pensieri.
Pin, da "Il sentiero dei nidi di ragno" di Italo Calvino
Dal primo libro scritto da Calvino giunge l’orfano più suggestivo della letteratura italiana: Pin, l’antieroe che ha perso l’innocenza di un bambino catapultato suo malgrado in un mondo adulto. Pin, che vive inizialmente con la sorella prostituta, si ritrova nelle campagne tra i partigiani rossi, dove conosce il sesso, la violenza e la morte.
Il Piccolo Principe, dal romanzo omonimo di Antoine de Saint-Exupery
Trattasi di orfano “sui generis”. Nel senso che arriva misteriosamente, sparato da un asteroide e sembra non avere natali noti o genitori in sua attesa. Con la sua saggezza di bambino, ha fatto sognare e fa sognare generazioni di piccini e… soprattutto noi grandi che con Il Piccolo Principe abbiamo imparato – anche se a volte lo dimentichiamo – che “L’essenziale è invisibile agli occhi”.
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