Tutto per lui è cominciato dopo quel giorno terribile, quella drammatica sparatoria al Pulse, il locale gay di Orlando dove, nel giugno del 2016, furono uccise a colpi d’arma da fuoco 50 persone, mentre altre 53 furono ferite.
Persone, al di là di ogni etichetta sessuale. Persone che avevano famiglie, amanti, genitori, e la cui unica colpa quel pomeriggio è stata di essersi ritrovati, in quel locale, stavolta però sotto il tiro impietoso di un pazzo criminale.
Da quel momento Josh Feeney, fotografo di Sidney, ha avuto l’ispirazione per realizzare My People My Tribe, un bellissimo progetto fotografico che raccoglie le storie più intense, più emozionanti, della comunità LGBT. Lui non era presente alla sparatoria, ma sentire di quel massacro compiuto in nome dell’odio, dell’intolleranza, per la non accettazione verso chi è giudicato “diverso” lo han impressionato a tal punto da fargli decidere di buttarsi a capofitto nell’idea.
L’amore è amore ed è stupendo così, indipendentemente dall’orientamento sessuale della persona, proprio come ci mostra questo video:
Ha cominciato dapprima chiedendo ai membri della sua città, di Sidney, di prestarsi per aiutarlo nella realizzazione, spogliandosi -letteralmente- di tutto, e mettendosi a nudo non solo fisicamente, ma soprattutto spiritualmente, moralmente. Pian piano, però, il progetto si è allargato, e ha coinvolto soggetti provenienti da ogni parte del mondo, arrivando a fotografare 1000 persone diverse. Il perché di questa idea Josh lo spiega con tutta la semplicità di questo mondo:
Sono stato ispirato dalla capacità e dalla volontà della comunità LGBT di unirsi e di lottare assieme contro l’odio. C’è un modo di dire che recita ‘Non puoi odiare qualcuno di cui conosci la storia’, e io ho scelto di raccontare le loro il prima possibile.
La serie fotografica, postata sulla pagina Instagram dell’artista sotto l’hashtag (mai più veritiero di così) #BareNakedTruth, ovvero la “nuda e cruda verità” è stato utilizzato per promuovere il Mardi Gras Gay e Lesbico di Sidney quest’anno, la parata che si svolge annualmente nella città australiana e che, diversamente da come il nome potrebbe far pensare, non ha luogo né durante il Carnevale né di martedì; il suo nome è mutuato dall’evento che si celebra ogni anno a New Orleans. In questa edizione vi hanno preso parte anche tutte le persone fotografate da Josh.
È stato così bello e interessante venire a conoscenza di storie diverse in momenti diversi- ha raccontato Josh- ed essere capace di far uscire fuori tematiche diverse da persone diverse.
Già, persone. La cui bellezza è raccontata perfettamente nelle meravigliose fotografie in bianco e nero di Josh; noi ne abbiamo scelte 20, davvero significative ed emozionanti.
Josh Feeney, il fotografo che ha realizzato il progetto
Stephen & Jean (Montréal, Canada)
La prima volta che ho messo gli occhi su Jean, era nudo. Eravamo nella stessa squadra di tennis in un college. Il suo armadietto era vicino al mio e lui era solito uscire così dopo la doccia. È stato un caso di “lussuria” a prima vista. Da quel giorno, ho sempre chiesto se voleva essere il mio partner nella squadra. Poi seguì un periodo di sei mesi in cui mi facevo un’ora di bici per giocare a tennis con lui e poi un’altra ora per tornare a casa. Io ero nel momento migliore della mia vita. Ci sono voluti sei mesi prima che uno di noi avesse il coraggio di capire che provavamo qualcosa- una vita quando hai diciannove anni e gli ormoni stanno inondando il corpo. Era il mio primo ragazzo e io ero il suo secondo. Quando i miei genitori hanno divorziato, sembrava l’occasione perfetta per noi due per andare a vivere insieme. Eravamo entrambi studenti universitari e non avevamo mai vissuto da soli prima. Dire che il primo anno di convivenza è stato impegnativo sarebbe un eufemismo. Non si potrebbero immaginare due persone più diverse che condividono lo stesso spazio lillipuziano. Era rilassato, disordinato, lento a fare le cose – tutto ciò che non ero io. È un piccolo miracolo che siamo sopravvissuti a quel primo anno, per non parlare del rimanere insieme. È una testimonianza della forza del nostro impegno. Per quasi un decennio, entrambi abbiamo lavorato da casa, quindi siamo stati praticamente insieme ventiquattro ore al giorno e ci piaceva ancora essere l’uno con l’altro. Sembrava molto strano quando lui ha trovato un altro lavoro che gli imponeva di lavorare in un ufficio. Ero così abituato ad averlo con me tutto il tempo. Nel corso dei nostri trent’anni insieme, abbiamo condiviso molte avventure divertenti, esplorato il mondo, abbiamo avuto qualche intoppo lungo la strada ma quelli ci ha solo resi più forti e più vicini. Chi sa che cosa tengono in serbo per noi i prossimi trenta anni, ma sono pronto ad affrontare qualunque cosa ci aspetta con la mia roccia al mio fianco.
Shivani (Sydney Australia)
Nella mia vita mi sono sempre sentita in disparte e ho faticato a trovare un posto cui appartenere veramente. Come lesbica nella comunità gay di Darlinghurst nel 1990, ho finalmente trovato la mia casa. Mamma e papà (quando era in vita) erano cantanti d’opera; sono cresciuta con la musica e il teatro. Per me, dal 17 al 30, il Mardi Gras era la cosa migliore sulla terra. Amici, comunità, spettacoli e vestiti. A volte mi sento amareggiata per i miei 2 divorzi, ma credo ancora al 200% al matrimonio. Essere davvero amati e compresi in amore è la cosa più grande.
Laura (Sydney, Australia)
Non mi sono mai sentita più me stessa né così a mio agio nella mia pelle come quando ho fatto coming out. La nostra tribù, la nostra comunità era lì per me e sapevo che ero tornata a casa. Ho sempre saputo che ero attratta dalle donne, fin dalla più tenera età. Ho dichiarato di essere lesbica a vent’anni. La mia famiglia ha avuto una reazione molto positiva, nonostante tutto. Il mio gemello era favorevole così come la mia famiglia allargata. Sono stata fortunata. Mia madre è morta quando avevo 15 anni, non ha mai avuto la possibilità di dire la sua correttamente, e non ho mai incontrato mio padre. A 13 anni le chiesi che avrebbe fatto se per ipotesi fossi stata lesbica, mi disse che avrebbe preferito sentire che ero incinta. Mia mamma veniva da un’altra epoca. È nata negli anni ’40 e ha vissuto una vita rigidamente cattolica. Quando i suoi compagni impazzivano per i Beatles lei si nascondeva ad ascoltare l’opera. Era stupita che sapevo ciò che il termine gay significasse, dato che lei lo aveva scoperto soltanto a trent’anni, le cose erano diverse per lei. Mi piace pensare che sarebbe stata d’accordo, e mi avrebbe amata con la stessa grinta che mi ha mostrato ogni giorno finché è rimasta su questa terra. Mi piace essere una roccia. Non ho avuto una scelta, sono nata gay, ma data la possibilità non cambierei me stessa per nulla al mondo.
Jessica (Burnie, Australia)
Adoro l’idea di essere un “finocchio femmina”. Siamo una minoranza all’interno di una minoranza. Ho superato il dolore e la sofferenza per aver fatto coming out a quattordici anni davanti ai miei genitori religiosissimi. Quello che mi preoccupa ora è il modo in cui sono trattati o guardati dall’alto al basso. Io nel mio aspetto esterno non sembro gay: amo il trucco e le gonne, la lingerie di pizzo e i tacchi. Questo però ha reso le ragazze intimidite da me. Forse perché pensano che un giorno potrei aver voglia di un ragazzo. Penso invece che abbiamo bisogno di celebrare il titolo di “ragazze che amano le ragazze” abbracciando di più il nostro lato femminile, nessuno ha bisogno di “portare i pantaloni”.
Stephane (Losanna, Svizzera)
Ho paura di essere visto come vulnerabile, ma accettando di essere vulnerabile ho anche ricevuto l’amore del mio bel marito Ben.
Michelle (Melbourne, Australia)
Chi sono è scritto su tutto il mio corpo con l’inchiostro e le cicatrici, i muscoli e le pieghe. Sembro una diga e mi piace. Puoi prendere o lasciare. Non sono mai stata all’angolo, che si fotta l’angolo. La mia comunità è resiliente e creativa e abbiamo una lunga storia fatta di piccole attenzione gli uni verso gli altri. Sono orgogliosa di aver aggiunto la mia storia.
Yoka (Belgrado, Yugoslavia)
Trovo che una volta che leviamo tutti i vestiti, gli stili di vita, le norme e gli ideali dietro cui ci nascondiamo, siamo tutti molto simili. Eppure sentiamo che siamo troppo diversi per adattarci, è una volontà di fingere. Ci vuole coraggio per essere onesti ed essere se stessi, ma niente di ciò che è bello arriva facilmente.
Christopher/Hannah (Brisbane, Australia)
Ero uno degli esseri umani più insicuri e timidi. Mi vergognavo del mio corpo, mi vergognavo di chi ero. Quando ho capito che non c’era niente di sbagliato in ciò che ero tutto il mio mondo è cambiato. Sono stato molto fortunato ad essere stato sostenuto dalla mia famiglia nel mio viaggio, e molto fortunato ad aver trovato l’amore per me stesso. È vero quello che dicono, amare se stessi per quello che si è. “Gotta love the drag queen” potrei dire!
Kate & Yoka (Blue Mountains, Australia)
Dal momento in cui ci siamo incontrate le cose hanno cominciato a muoversi molto rapidamente. Tutto è andato avanti naturalmente, senza molto sforzo o premeditazione. Siamo così diverse come siamo simili – è così stupido quando la gente crede sempre di sapere che cosa o di chi ha bisogno. Come se conoscere se stessi non fosse già abbastanza duro. Dobbiamo ancora scoprire cose nuove gli uni degli altri e di noi stessi, e le cose nuove di conseguenza condividerle. Ci piace la compagnia di altre persone gay, in quanto generalmente tendono a essere colorate e anticonformiste. Ci sono un sacco di storie personali interessanti e si può imparare molto dagli altri.
Doug & Anthony (San Francisco, USA)
Ci siamo scelti a vicenda. Il nostro gatto SamSam segnala anche la sua approvazione con fusa e con delle leccatine ogni volta che ci sono affettuosità fra di noi. Ci sentiamo veramente fortunati ad avere il rapporto speciale che abbiamo, alternando chi interpreta il ruolo di padre e figlio, Bonnie e Clyde, la Bella e la Bestia, Harold e Maude o la signora Miele e Matilde, intervallati da anche un po’ di Baby Jane e Blanche per dare un po’ più di pepe e di equilibrio al nostro rapporto.
Leandra (Los Angeles, USA)
Dal momento in cui sono stata abbastanza grande per vestirmi, i miei pensieri sul rapporto tra femminilità e mascolinità sono stati in continuo cambiamento. Ammetto quando ho fatto coming out di aver sentito il bisogno di essere più maschile, per soddisfare da sola la necessità di un maschio che non avevo vicino. Ma quando sono cresciuta, e con me la mia sessualità, ho fatto pace con il mio lato femminile, in modo confortevole e naturale. Essere a tuo agio con tutto ciò che ti rende felice fa di te una persona più fiduciosa.
Eli (Edmonds, USA)
Fare coming out ed essere onesto con me stesso e con la mia famiglia ha completamente fratturato il mio rapporto con i miei genitori. È difficile e la gente dice sempre che andrà meglio, e magari è vero, ma io non ho intenzione di continuare ad attendere che loro approvino, io voglio amare me stesso in questo momento, con o senza la loro convalida.
Cecilia (Los Angeles, USA)
Avevo quindici anni quando ho sviluppato la bulimia, allo stesso tempo ho cominciato a vedere i segni della depressione. Non c’è alcun rapporto così intimo come quello che ho con la bulimia, uno dei momenti più strazianti della mia vita è stato quando mi sono resa conto di quanto la malattia mi stesse consumando. Ho passato anni dormendo visto che la bulimia ti rende tremendamente stanco. Credo che abbiamo bisogno di iniziare a parlare di più e in maniera naturale della salute mentale. Smettiamola di trattarla come una sorta di peste. Basta ricordare di amare se stessi, anche se solo un po’!
Doug (Dallas, USA)
Si potrebbe pensare che facendo coming out si trovi “la propria gente”. Io mi sono sentito come quelli che la gente addita solo come “finocchi”, fino a quando ho trovato la mia tribù, la Faeries radicale, che mi ha permesso di realizzare il mio pieno potenziale come attivista della comunità. Dopo aver fatto coming out 20 anni fa, trovando i Faeries 7 anni fa, e il trasferimento a San Francisco 3 anni fa … finalmente mi sento più simile al “Io sono io”, sono accettato incondizionatamente, e sono in grado di sostenere la mia tribù, da qualcosa di semplice come un abbraccio a qualcosa di complesso, come la creazione autosufficiente di comunità intenzionali e progetti attivisti.
Elliot & Justin (Sydney, Australia)
All’inizio eravamo solo ragazzi che quasi raccapricciati si scambiavano sguardi sul bus, cinque anni dopo siamo ancora insieme. Ci divertiamo un sacco l’uno con l’altro e con i nostri amici fantastici, ma la parte migliore della vita è ancora quella in cui godiamo di una notte tranquilla a casa, facendo le nostre cose, insieme da soli.
Riley & Reinier (Toronto, Canada)
Ho incontrato Riley al nostro primo allenamento di pallanuoto. Avevo deciso di aderire al Toronto Triggerfish, ero nuovo in città e avevo bisogno di amici e di uno sport di squadra competitiv. Riley e io siamo diventati amici, subito dopo siamo diventati parte dello stesso gruppo di amici. Abbiamo cominciato ad uscire circa un anno fa. Lui mi fa sentire speciale. Lui, se gli domandassi di me, probabilmente invece ti parlerebbe del mio culo! Attualmente viviamo insieme in un condominio nel centro di Toronto, abbiamo una bella e divertente cagnolina di nome Zuko ( il principe della Nazione del Fuoco in Avatar) Non vedo l’ora di vedere cosa il futuro ha in serbo per noi, ma sono già molto contento di dove sono e fortunato ad aver incontrato il mio ragazzo.
Ryan (Pine Bluff, USA)
Quando mi sono trasferito a San Francisco, ho capito che volevo avere un nuovo approccio verso questo nuovo capitolo della mia vita. Ho voluto mettere tanto amore nell’universo, volendo vedere quello che avrei ottenuto in cambio. Non avrei potuto prendere una decisione migliore. Dopo trentun anni, posso dire che so cosa sia l’amore e cosa significa. Ho la comunità e gli amici più sorprendenti, una famiglia che mi sostiene, e, infine, l’amore. Il nostro passato, se buono o cattivo, è ciò che ci rende quello che siamo oggi. Se siamo fortunati, impariamo a crescere attraverso tutto questo, e facciamo venire fuori il meglio di noi.
Camden (Portland, USA)
Spesso, quando gli amici sentono che fare coming out è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto, reagiscono con sorpresa, come se il sentirmi a mio agio nella mia pelle ora significhi che il viaggio dovesse essere stato facile. Ma non è affatto così. Come molte altre cose vale la pena essere bravo, ma ci vuole un lavoro costante per coltivare e celebrare chi si vuole essere. Avevo diciannove anni la prima volta che ho sentito parlare di qualcuno che si era dichiarato ed era felice; prima pensavo che le due cose si escludessero a vicenda. Mi ci sono voluti solo pochi giorni per rendermi conto che è quello che volevo per me, ma ci sono voluti quasi dieci anni per risolvere il problema di come mi sentivo dall’interno verso l’esterno. Ho cercato modelli di ruolo, ho letto storie di altre persone, ho pianto, ho fatto degli errori, e ho provato e riprovato di nuovo fino a quando sono stato finalmente in grado di farlo.
Michelle & Laura (Sydney, Australia)
C’è una foto di noi nella nostra camera da letto. Siamo avvinghiate in cima ad un materasso che Laura aveva appena comprato per il suo nuovo appartamento. Stavamo insieme solo da un mese, era estate e io lo chiamo il momento più bello di tutti i tempi. Se ci ripenso mi rende ancora così felice ricordare quanto velocemente saltò sul materasso, quando gliel’ho chiesto. Lei non ha esitato, non pensava e non le importava di quello che chiunque altro intorno a noi avrebbe potuto pensare. Era con me, non importava altro. Ho detto: “Puoi venire qui?”. Lei è balzata in piedi, si è spostata, ha avvolto le braccia intorno a me e ha sorriso, mi sentivo accettata e mi sono sentita come se la mia perfetta metà fosse accanto a me. È stato il momento più bello di sempre e ancora oggi la amo ogni giorno di più.
Decoda (Sydney, Australia)
La comunità LGBT è stata un supporto incredibile per me personalmente e professionalmente, mi permette di esprimermi. Adoro tutti quelli che fanno parte della comunità, che posso con orgoglio chiamare la mia seconda famiglia. Sono grato per l’amore che sento tutti i giorni dalla mia seconda famiglia.
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