Come nasce una parola oggi? Non come un tempo, perché anche questo aspetto della comunicazione si è adattato all’evoluzione dei comportamenti. Sempre più spesso i neologismi sono coniati non certo da poeti illustri (Dante è il padre di molte parole italiane di uso comune), ma da internet e dalla tv. Alcuni storcono il naso, altri si lanciano con entusiasmo nell’utilizzo dei nuovi termini. Fatto sta che, a causa dei mass media, la diffusione dei neologismi si è fatta fulminea. Quando anni fa impiegavano molto tempo per essere usati.
Di questo si occupa l’Accademia della Crusca. In che modo? Vagliando ogni giorno le richieste che arrivano da parte del pubblico. Se ci piace una parola – una parola che non fa ancora parte del vocabolario italiano – e desideriamo che venga ufficializzata nella nostra lingua, allora possiamo scrivere a loro. L’Accademia prende in esame queste richieste e, a volte, ne accetta qualcuna.
Ricorderete sicuramente il caso di “petaloso“. Il piccolo Matteo, in un tema di italiano, aveva descritto la margherita come “un fiore petaloso, mentre il papavero non è molto petaloso”. La maestra non lo corresse: trovava molto bella la parola inventata da Matteo e pensò bene di scrivere all’Accademia della Crusca. La risposta fu questa.
Caro Matteo,
[…] La tua parola è bella e chiara, ma sai come fa una parola a entrare nel vocabolario? Una parola nuova non entra nel vocabolario quando qualcuno la inventa, anche se è una parola “bella” e utile. Perché entri in un vocabolario, infatti, bisogna che la parola nuova non sia conosciuta e usata solo da chi l’ha inventata, ma che la usino tante persone e che tante persone la capiscano. Se riuscirai a diffondere la tua parola fra tante persone e tante persone in Italia cominceranno a dire e a scrivere “Com’è petaloso questo fiore!”, ecco, allora petaloso sarà diventata una parola dell’italiano, perché gli italiani la conoscono e la usano. A quel punto chi compila i dizionari inserirà la nuova parola fra le altre e ne spiegherà il significato.
“Petaloso” a parte, i neologismi che ricevono più segnalazioni alla Crusca finiscono in una lista di “papabili”. L’Accademia aspetta sempre un certo lasso di tempo – spesso le parole “di moda” nascono e muoiono velocemente – e poi prende in considerazione il suo inserimento nel dizionario.
La rivista Focus ha raccolto alcune di queste parole, ormai diffuse nella lingua parlata e in lizza per entrare anche in quella scritta. Troverete qualche tormentone nato dalla tv, qualche termine derivato dalle nuove app per smartphone, parole scaturite dalla letteratura o dall’italianizzazione di termini stranieri. E anche una parola che non apprezziamo poi tanto, in realtà…
Petaloso
Come abbiamo accennato, in principio fu il piccolo Matteo con il suo “petaloso”. La Crusca gli ha detto che, se fosse riuscito a diffondere la parola, forse sarebbe entrata a far parte della lingua italiana. Oggi è decisamente possibile che ciò accada. Con buona pace degli haters.
Inzupposo
Ecco: questo è uno di quei casi in cui è la pubblicità a lanciare un tormentone. La parola “inzupposo” viene utilizzata da Banderas nello spot della Mulino Bianco, per indicare (non senza una valanga di doppi sensi) la consistenza di un dato biscotto. Che, per inciso, ha un nome ancora più equivocabile. Ecco: molte persone stanno segnalando la parola “inzupposo” alla Crusca. Se siamo tutte d’accordo passiamo alla prossima…
Bambinità
Non indica un carattere infantile ma, piuttosto, lo status di bambini. Viene molto usato sul web e in particolare in determinati forum, quelli dedicati ai neogenitori. (Pardon: alla “genitorialità”!)
Googlare
Dal verbo inventato “to google”, ossia cercare su Google. Ormai si tratta del motore di ricerca per eccellenza: va da sé che il termine si sia diffuso a macchia d’olio. E infatti, in molti lo hanno segnalato all’Accademia della Crusca.
Shazammare
Un esempio di parola derivata dalla tecnologia. Shazam è quell’app che “sa” riconoscere una canzone solo ascoltandola e, per buona misura, ti dice titolo e autore. L’atto di cercare un brano con quest’app ha preso quindi il nome di “shazammare”.
Webete
Un neologismo coniato da Enrico Mentana in persona, divenuto immediatamente un hashtag virale. Fusione di “web” ed “ebete”, indica gli internauti meno svegli (ma anche più chiassosi): i classici leoni da tastiera, per intenderci, che propinano opinioni non richieste senza essere davvero informati sulla vicenda. Il noto giornalista ci ha finalmente dato un termine per identificarli. Grazie Mentana.
Whatsappare
In principio fu “scrivimi”. Poi “telefonami”. Ci fu per un breve periodo il “videochiamami” della tv, diventato tormentone grazie a uno spot. Ma poi è nato il servizio di messaggistica Whatsapp. E così è nato il termine “whatsappare”, per il momento solo arbitrario.
Spoilerare
“Ho iniziato quella serie tv che mi consigliavi: non spoilerare!” Forse questa frase ti sarà familiare. “Spoilerare” – da “spoiler”, in inglese “rovinare” – significa rivelare a qualcuno il finale di un prodotto narrativo, film, serial o libro che dir si voglia. Rovinandogli il finale. Se lo fate siete brutte persone.
Killare
Chissà: forse “ammazzare” suonava troppo cruento. Forse è un termine preso in prestito dall’informatica e dal mondo dei videgiochi. Fatto sta che si è diffusa la moda della parola “killare”, italianizzazione del verbo “to kill”. Siamo un po’ scettiche sulla sua utilità. Certo, se usarla ci fa sentire come Uma Thurman…
Apericena
Forse la più odiata di queste parole; eppure è fra i termini più diffusi e comuni, entrata ormai nella lingua parlata. La pratica di consumare un aperitivo tardo e abbondante – quindi in sostituzione della cena – ha dato vita a una parola che, attenzione, è fra le “papabili” dell’Accademia.
Puccioso
Indica una cosa tenera, dolce, carina. Da strapazzare di coccole. Probabilmente deriva dal bambinesco “pucci pucci”, ma l’etimologia non è certa.
Gengle
Fusione di “genitore” e “single”. Una categoria di persone che, in effetti, già solo vent’anni fa era molto poco diffusa. Forse per questo si sente solo ora la necessità di una parola per descrivere questa condizione. Una curiosità: “gengle” può sembrare l’italianizzazione di una parola straniera, e invece no. Non c’è neanche un corrispettivo anglosassone: esiste solo in italiano!
Babbano
Le amanti di Harry Potter saranno felici! Per le profane, nel mondo fantastico di J.K. Rowling è babbano chi non ha poteri magici. Come noi, insomma. Ma consoliamoci: forse, un giorno, potremo usarlo come insulto (e sarà ufficialmente una parola italiana!)
Taggare
Un “tag”, in inglese, è una targhetta o un cartellino. Una funzione di Facebook permette di identificare le persone presenti in una foto, facendo comparire una sorta di cartiglio: ecco, per quella funzione il team di Facebook ha preso in prestito il concetto di “tag”. Taggare ne è, ovviamente, l’italianizzazione.
Bullizzare
Ovviamente deriva da “bullo”, ma l’idea è soprattutto un’italianizzazione del verbo inglese. Una volta si parlava meno di bullismo, nelle scuole e in generale fra ragazzi. Ora, per fortuna, se ne discute di più.
Colazionare
Prima di pensare a quanto suoni male, fermati un attimo a riflettere. Dopotutto si dice già “pranzare” e “cenare”. E allora perché non “colazionare”?
Pisellabile
Ebbene sì. “Pisellabile”, incredibile ma vero, fa parte della famosa lista di segnalati all’Accademia della Crusca. Se siete così fortunate da non sapere cosa significhi ve lo spieghiamo noi: è un termine (sessista, che ve lo diciamo a fare) usato per designare un certo tipo di donna. E cioè una piacente; non troppo, eh, giusto il minimo sindacale per il sesso. Magari meno per una relazione. Questo significa “pisellabile”. Studiosi della Crusca, non fateci questo…
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