Ucciso per aver difeso il suo diritto alla libertà, di vestirsi, di agire, di portare i capelli come più gli piacevano. Sembra incredibile anche solo parlare di una cosa del genere, eppure in alcune aree del mondo ciò che è considerato “diverso”, dove per diverso si intende anche qualcosa che, semplicemente, non rispecchi le tradizioni o lo stile di vita del proprio paese, non solo è ghettizzato, ma è anche punito con la peggiore delle pene: la morte. La morte per tortura, in questo caso.
Così, dopo la modella Qandeel Baloch, “colpevole” di volersi occidentalizzare troppo rispetto ai canoni pachistani, suo paese d’origine, questa volta è stato il modello e attore iracheno Karar Nushi, a Baghdad, a pagare con la vita il desiderio di “ribellione” – se così possiamo definirlo – di sciogliersi dai vincoli di usanze storiche e di dogmi imposti.
Pakistan e Iraq, due nazioni diverse unite, però, dallo stesso desiderio di tenere i suoi abitanti sotto un unico giogo, di soffocare la libertà individuale sotto il peso di un’unione culturale forzata e arcaica, e soprattutto di eliminare ogni possibile richiamo all’Occidente malato e depravato. La condanna di Karar, definito da molti, nel suo paese, il “Brad Pitt” iracheno, è stata, per assurdo, proprio quella somiglianza, ritrovata nello sguardo, nei lineamenti, ma in particolar modo in quei capelli, lunghi e biondi, inaccettabili per lo stile austero che laggiù è di rigore.
Karar, studente di Belle Arti, aveva già ricevuto minacce di morte sui social proprio a causa del suo look, confermate anche dai suoi fans, e anche per la sua presunta omosessualità, altra colpa inaccettabile, da cancellare con ogni mezzo.
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Il suo corpo è stato ritrovato senza vita in Palestina Street nella capitale irachena, poche ore dopo che la famiglia ne aveva denunciato la scomparsa alle autorità. Su di lui i suoi aguzzini, che potrebbero appartenere a qualche gruppo islamista estremista, legato all’Isis, si sarebbero accaniti con torture. Non è la prima volta, da tempo gruppi estremisti sembra siano responsabili degli omicidi di diversi giovani iracheni, a causa dei loro comportamenti giudicati immorali o per il loro orientamento sessuale. A peggiorare le cose, nel caso di Karar, potrebbe aver pesato anche la decisione di partecipare a un concorso di bellezza maschile.
Resta il fatto, comunque, che mentre noi spesso ci dimentichiamo dei nostri diritti o ne abusiamo a sproposito, in altri paesi del mondo, ancora oggi, si può morire per uno scatto più provocante o perché si portano capelli lunghi, o abiti troppo stretti. Ed è assurdo.
Soprannominato il "Brad Pitt" iracheno
Studente di Belle Arti, attore teatrale e modello, Karar è stato ritrovato senza vita in Palestina Street, a Baghdad, probabilmente ucciso da una milizia legata all’Isis.
I suoi capelli troppo lunghi
I capelli troppo lunghi, gli abiti stretti, troppo all’occidentale, e una presunta omosessualità. Tutto questo ha condannato Karar alla morte.
Torturato senza pietà prima della morte
Troppo occidentale per gli estremisti iracheni
La causa scatenante della furia omicida sarebbe stata la prossima partecipazione di Karar a un concorso di bellezza.
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