Esiste un museo dell'aborto e della contraccezione e ogni donna deve conoscere queste 21 cose

Esiste un museo dell'aborto e della contraccezione e ogni donna deve conoscere queste 21 cose
Fonte: muvs.org
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Parlare di aborto e di contraccezione, soprattutto se a farlo sono le donne, suscita ancora, a dispetto delle tanto ostentate apertura mentale e modernità (termini che il più delle volte sembrano limitarsi davvero solo alla teoria), reazioni scandalizzate e moti di sdegno, quasi che gli argomenti fossero ancora tabù.

Eppure stiamo parlando di diritti, quello di interrompere una gravidanza indesiderata e quello di prevenirla del tutto, che non solo sono stati pienamente riconosciuti nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo (con eccezioni rilevanti e deroghe alle leggi in merito che più di una volta continuano a sollevare qualche perplessità) ma che proprio in virtù della loro esistenza hanno limitato al minimo il ricorso a soluzioni drastiche per le donne in difficoltà.

Non è cosa sconosciuta, infatti, che quando l’aborto era illegale in buona parte del mondo le donne non rinunciavano comunque a interrompere delle gravidanze non volute, e si rivolgevano perciò a veri e propri macellai che operavano nella clandestinità più totale, causando spesso la morte delle gestanti. E questa situazione, purtroppo, nonostante i progressi e le regolamentazioni previste dagli ordinamenti giuridici a proposito, permane, anche in stati giudicati “insospettabili” per il grande rispetto solitamente mostrato nei confronti dei diritti umani inviolabili.

Per ricordare quanto possa essere drammatico e pericoloso decidere di agire nell’illegalità per porre fine a una gravidanza indesiderata, ma anche per sdoganare definitivamente il tema di aborto e contraccezione, a Vienna esiste un  museo dedicato appunto all’argomento, che si trova all’interno di una ex clinica per abortire ed è strutturato in due stanze, l’una dedicata ai metodi contraccettivi usati nel mondo, antichi e moderni, l’altra all’interruzione di gravidanza, in cui sono raccolti alcuni ferri del mestiere e la strumentazione utilizzata in passato proprio per praticare in maniera illegale aborti che spesso sfociavano in omicidio. Non manca inoltre una carrellata di tutte le credenze folli diffuse all’inizio del Novecento a proposito di contraccezione, come ad esempio quella secondo cui il bidet potesse essere usato per “lavare via i bambini”, ovvero per far uscire lo sperma ripulendo la vagina ed evitando così la fecondazione.

L’intento del museo, che compie proprio quest’anno i primi dieci anni di vita, non è promuovere l’idea dell’aborto come soluzione di cui abusare, ma solo evidenziare quanto sia di estrema importanza, per le donne di tutto il mondo, poter agire in un contesto di legalità.

Il museo non promuove in nessun modo l’aborto, ma vuole sottolineare e ricordare quanto possa essere terribile la vita delle donne, in assenza di metodi sicuri di contraccezione e di aborto.

Spiega Bianca Buger, guida del museo.

Sul sito ufficiale del museo, muvs.org, è possibile avere tutte le informazioni per visitarlo, oltre che vedere un’ampia gallery fotografica che mostra i pezzi più particolari esposti nelle sue stanze.