Ci sono malattie di cui non si parla molto, che sono quasi sconosciute e ritenute meno gravi o pericolose da chi ha la fortuna di non esserne affetto.
Ma malattie infiammatorie croniche intestinali come la rettocolite ulcerosa e il morbo di Crohn sono patologie molto spesso invalidanti, che non si riducono a un semplice mal di pancia.
Entrambe possono presentarsi con lancinanti dolori addominali, diarrea estremamente frequente durante il giorno e spesso addirittura con sangue, dolori alle ossa e altre complicanze decisamente più gravi.
Nonostante il numero elevato di nuovi casi ogni anno, sono patologie che rimangono nell’ombra, e per questo motivo la vita di chi ne è affetto è resa ancor più difficile. Soprattutto per una donna, una patologia come questa, spesso ti porta all’isolamento, a chiuderti in te stessa per la vergogna, per l’imbarazzo, per la paura di raccontare il tuo problema ed essere rifiutata, ma sopratutto perché ti senti privata della tua femminilità. Come se avere la rettocolite o il morbo di Crohn fosse una colpa, un peccato per cui si è costrette a portare un marchio indelebile.
Eppure, si calcola che solo in Italia, benché non esista un registro ufficiale, vi siano almeno 200.000 persone affette da malattie infiammatorie croniche intestinali. Per quanto riguarda più strettamente la malattia di Crohn, essa si presenta prevalentemente in età giovanile (20/25 anni) e in terza età (65 anni) ma non sono rari casi anche nei bambini e negli adolescenti.
Proprio per questo motivo, ossia per dare voce alle donne affette da queste patologie gravi e per far trovare il coraggio anche a chi ne soffre ma ha troppo timore di parlarne, è nato il progetto Invisible Body Disabilities, una bellissima campagna fotografica firmata da Chiara De Marchi, tesa proprio principalmente alla sensibilizzazione e all’educazione nei confronti di queste patologie invisibili.
Il progetto, che prende il nome dalla rivisitazione dell’acronimo IBD (Inflammatory Bowel Diseases, cioè malattie infiammatorie croniche intestinali), raccoglie e condivide le storie di persone affette da IBD con lo scopo di fare informazione, educare, sensibilizzare e liberare dai pregiudizi.
Esiste anche il libro Women Fighters, un libro fotografico che raccoglie gli scatti fotografici e le storie di 65 donne, che nonostante gli effetti visibili delle terapie sul fisico, ad esempio le dosi elevate di cortisone, le cicatrici e le stomie hanno avuto il coraggio di mettersi a nudo davanti alla lente fotografica di Chiara.
Le bellissime fotografie sono inoltre raccolte sulla pagina Facebook ufficiale e sul sito, invisiblebodydisabilities.org.
In questa gallery abbiamo voluto raccogliere 15 testimonianze preziosissime, 15 storie di donne che hanno scelto di mettersi a nudo affrontando i propri timori e l’imbarazzo, perché, in fondo, la loro vita è fatta solo di scelte coraggiose e di grande determinazione, e meritano tutta la nostra stima.
Beatrice, patologia sconosciuta
Il senso di tutto era arrivare a fine giornata avendo vissuto, avendo fatto tutto il possibile, non essendo solo sopravvissuta facendomi scivolare la vita addosso.
Perché io volevo vivere, e questo non è così scontato, quando non ti rimane più nulla.
Valentyna, Morbo di Crohn
Molte persone dopo un intervento come questo, fanno fatica ad accettare il cambiamento del proprio corpo e quindi si isolano per la paura di ricevere un giudizio negativo che li possa far star male.
Dico invece di non scoraggiarsi, non temere di mostrarsi in pubblico, non vergognarsi ma relazionarsi, dedicarsi alle proprie passioni senza perdere l’autostima di se stessi, perché è essenziale per una buona qualità di vita alla ricerca del piacere e soddisfazioni personali.
Stefano e Anna
Un’altra delle mie foto preferite che ho avuto l’onore di scattare per ritrarre l’unione, la complicità, il rispetto, l’amore perfetto.
Tanja, Morbo di Crohn
Ho avuto l’emozione e l’onore di rivedere e riabbracciare nel mio studio fotografico Tanja e sua sorella Alessia, in attesa del suo secondo bimbo. Tanja ha una storia davvero tosta, come lo è la sua grinta e la sua forza di andare avanti, “sempre dritto“, il suo motto.
Questo settembre ha affrontato l’ennesimo intervento, per sub-occlusione e dopo 15 giorni dall’operazione ha finalmente messo in bocca la prima forchettata di pasta all’olio, la prima cosa solida dopo 488 giorni.
A distanza di 2 mesi ha ritrovato i sapori, la felicità di sedersi a tavola al ristorante e ordinare qualcosa e assaggiare quello che cucina. Il suo cammino però non è finito, le flebo notturne la accompagnano ancora e non mangia ancora tutto quello che vorrebbe, ma la strada ora è in discesa e non ha intenzione di fermarsi più.
L’unione di due sorelle nei momenti felici, ma soprattutto in quelli difficili è qualcosa di immensamente prezioso, sapere di avere accanto una persona che ci sarà sempre e che ti sosterrà in ogni momento, è speciale, una fortuna inestimabile.
Il nostro è un rapporto speciale siamo molto legate e ci basta uno sguardo, una parola o un abbraccio per capirci. È sempre presente nei miei momenti difficili e anche in quelli belli, sa sempre quello di cui ho bisogno senza che le dica nulla ed è la prima persona che voglio sentire al telefono appena mi sveglio dall’anestesia perché so quanto soffre a non essere accanto al mio letto in quel momento. E poi ci basta un “ciao, tutto ok” per esser serene e sciogliere ogni preoccupazione.
Matilde, Colite ulcerosa
Dopo così tanta attesa e paura, mi sto abituando alla mia nuova vita. Ora dopo aver passato così tante cose, in molti momenti mi sembra di crollare.
Ma voglio e vorrò sempre far uscire il mio lato di forza. Quando stavo male avevo imparato a godermi i momenti in cui stavo bene.
Desidero continuare a godermi le piccole gioie della vita.
Dopo aver passato una colectomia totale d’urgenza e come secondo intervento la costruzione del j-pouch, ora sono in attesa del terzo, della ricanalizzazione. È strano, si impara a passare paure dopo paure, ora persino la paura di togliere il sacchetto.
La mia rinascita.
Foto di gruppo
Una connessione di vite così imperfettamente perfette.
Il riflesso della speranza e della vita.
Autostima e amore per il proprio corpo.
Bellissime donne guerriere
Grazie per queste vibrazioni positive, grazie per aver arricchito la mia anima di speranza, per essermi sentita me stessa, per aver visto riflesse nelle mie lenti fotografiche le vostre rinascite e la voglia di non arrendersi mai!
Un altro passo per uscire dall’invisibilità.
La perfezione non è bellezza, la realtà lo è!
Elisabetta, patologia sconosciuta
Elisabetta è affetta da una patologia non molto comune, tanto che in tutto il suo percorso, che dura ormai da dieci anni, non ha mai incontrato nessuno che ne soffra.
Ci siamo conosciute attraverso il progetto proprio perché voleva raccontarmi e dare testimonianza della sua storia:
Oggi sono una persona molto diversa da quella di un tempo, ovviamente in senso positivo, perché sono cresciuta ed ho imparato ad apprezzare anche una semplice boccata d’aria fresca. Perché è proprio quando ti vengono tolte anche le abitudini più naturali, riesci ad assaporarne l’essenza.
A me è toccata una vita da guerriera e alla fine vincerò sempre e solo io!
Elisabetta conduce un’azienda di famiglia e rabbrividisco nel vedere così tanta forza e determinazione, accettando la malattia, una condizione diversa da quella che si è sempre vissuta, scalando giorno dopo giorno i propri i limiti e cercando di realizzare gli obiettivi tanto desiderati.
Una forte gratitudine per averti incontrato Elisabetta, sei una grande donna e in te nutro davvero tanta ammirazione ed ispirazione!
Jessica, rettocolite ulterosa
… E questo è un arcobaleno in mezzo alla tempesta.
La rettocolite ulcerosa non è comoda, né simpatica ma la guardo come una scala dove imparo a rispettare me stessa e il mio corpo, è colei che mi porta a prendermi cura di me, mi mostra quali sono le persone a me vicine che mi sostengono e cercano di aiutarmi come possono!
Si può vivere, si deve vivere, cercando di restare sempre positivi e amandosi ogni giorno un po’ di più, perché alla fine non siamo soli e c’è chi vive e sente ciò che sento io.
Jessica ed io ci siamo finalmente incontrate nel mio home studio dopo essere rimaste in contatto per diverso tempo attraverso il progetto. È venuta a trovarmi assieme alla sua fantastica amica Sandra e abbiamo passato una bellissima giornata a raccontarci il nostro vissuto e a scambiarci energie positive.
Jessica ha la colite ulcerosa da poco più di un anno e nonostante le diverse ricadute a causa della malattia, ha sempre presentato un atteggiamento positivo nei suoi confronti, un modo che ho ammirato dal primo momento che l’ho conosciuta.
Jessica mi ha raccontato che dopo essere stata da due medici diversi solo il terzo le ha fatto fare delle analisi più specifiche e approfondite. Nonostante i dolori, la continua perdita di peso e la sempre meno voglia di mangiare, nessuno l’aveva presa sul serio. E una volta diagnosticata la malattia non ha ricevuto grandi spiegazioni, farmaci ed alimentazione a parte.
Aveva notato però che l’andamento della malattia era molto influenzato dal suo stato d’animo. Quando era nervosa e arrabbiata, la malattia era pronta a sferrare il suo attacco.
Perciò ha deciso di lavorare su se stessa, trovando qualcosa che le desse movimento, ma controllato, concentrazione e attenzione su ogni parte del suo corpo. Flessibilità da trasmettere nel suo corpo tutti i giorni, equilibrio del sé e tornare verso l’anima.
Ci siamo ritrovate nello yoga e da lì si sono intrecciati i nostri pensieri e le nostre storie. Lo yoga è la sua cura. La fa sentire nuova e rigenerata, scoprendo i suoi limiti, ma senza paura e ad ogni lezione cerca di spingersi sempre un po’ oltre, mantenendo un equilibrio positivo.
Jessica mi ha confidato che è più tranquilla e serena e che praticare yoga l’ha aiutata davvero a reagire in modo differente nelle diverse avversità della vita, e soprattutto nei periodi in cui la malattia torna a farsi sentire.
Le sono profondamente grata. Namastè.
Francesca, Morbo di Crohn
Vorrei dire semplicemente grazie. Grazie perché sai trasformare una malattia in arte,
grazie perché sai trasformare le nostre speranze in qualcosa di meraviglioso,
grazie perché ci unisci.
Seguirti mi dà speranza e forza ogni giorno, leggere le storie di chi come me ha una malattia invisibile mi fa capire di non essere sola, mi fa sentire bene.Mi sento fortunata rispetto alle persone di cui ogni giorno ci racconti un pezzo di storia e mi danno tanta forza, voglia di andare avanti, di non mollare.
Mantengono viva la speranza che uniti ce la faremo a sconfiggere queste malattie invisibili! Non si poteva trovare aggettivo migliore, nessuno potrà mai capire quello che proviamo ogni giorno.
Io devo ringraziare la mia famiglia che mi sostiene sempre e il mio fidanzato che mi accetta così come sono, con i miei sbalzi d’umore, con il mio fisico paffuto che mostra ancora gli effetti del cortisone, che mi sostiene e mi sta accanto nei momenti difficili.
Spero che la mia testimonianza possa servire a far capire ai giovani che non ci dobbiamo vergognare di dire quello che ci fa stare male, di non comportarsi come ho fatto io, che per imbarazzo mi sono rinchiusa in me stessa, lasciando fuori amici e familiari da quello che mi stava succedendo.
Diamo voce a queste malattie, senza vergogna o imbarazzo. E grazie al tuo lavoro tutto questo è possibile: sei capace di raccontare le nostre anime attraverso la fotografia.
Grazie! Lo dico proprio con il cuore in mano.
Il destino a volte ti regala la possibilità di ascoltare storie davvero emozionanti, che lasciano ispirare e che ti fanno sentire meno sola. Francesca è affetta da Morbo di Crohn da qualche anno e nonostante tutto è riuscita a realizzare i suoi sogni, tra cui una laurea in Biotecnologie.
Cinque anni in cui ha dovuto accettare un dolore che trasforma il corpo e che spesso non lascia pace, accettare il cambiamento, gli effetti collaterali dei farmaci, i pregiudizi e la vergogna nel comunicare il suo disagio. Non è facile e spesso lo specchio riflette l’immagine che non vorremmo vedere, ma le percezioni sono soggettive e l’accettazione è il primo passo verso la propria libertà.
Profonda ammirazione. Grazie, Francesca!
Cristina
Cristina ed io abbiamo parlato molto quel giorno.
Voglio riportare un suo pensiero che mi ha decisamente toccato:
Per molte donne il desiderio di un figlio nasce, cresce e si sviluppa sino poi a diventare realtà. Alcune riescono a coronare questo sogno senza ostacoli, altre di noi purtroppo si ritrovano a dover faticare un po’ di più.
Spesso per queste donne entra in gioco la preoccupazione, la tristezza, la negatività e quello che dovrebbe essere un momento di gioia e spensieratezza si trasforma in una grande tormento.
La cosa bella della vita però è che possiamo sognare: farlo in grande o in piccolo costa uguale e richiede uguali energie.
Diventare madri e creare una famiglia è un diritto di tutte noi, anche se affette da patologie. Magari ci vorranno mesi, oppure anni.
Ma questo amore e questo desiderio non devono svanire… MAI!
Serena, colite ulcerosa
Quanto si cela dietro un sorriso? Quanto vale sentirsi sbagliati e nasconderlo dietro un sorriso?
L’espressione sconfitta di fronte ai valori che non ne vogliono sapere di salire. Tre anni senza remissione, tre anni in cui non sono sola grazie alla compagnia di Tina, nonostante io sappia di lei da un anno. Tina è la mia pancolite ulcerosa. Tina è ciò che mi spinge a sorridere, sempre. La maledico e la ringrazio ogni giorno.
Mi ha insegnato a godere e gioire di ogni attimo, mi ha insegnato a non lasciarmi sfuggire le occasioni, mi ha insegnato il valore della vita. Tina mi ha mostrato cos’è il potere di una carezza e quanto faccia male la gente che ti volta le spalle, quanto in realtà sia misera.
Tina.
È così che Serena chiama la sua malattia invisibile da circa tre anni. A vent’anni si dovrebbe avere la testa tutta da un’altra parte eppure Serena mi ha donato una positività e un’energia unica quel giorno che l’ho conosciuta nel mio home-studio. Mi ha raccontato che non è stato facile per lei accettarla, accettare i ritmi che la malattia le detta, accettare il dolore, la fatica, le notti insonni, i farmaci. Eppure Tina è la sua migliore amica e l’ha resa più consapevole e forte, contro chi continua a giudicare senza comprendere, contro l’indifferenza di chi dietro ad un sorriso magari chiede solo un aiuto.
Comprendere non è facile, lo stesso aprirsi e raccontare i propri percorsi difficili, però ci si può venire incontro perché isolarsi serve a ben poco, ottenendo spesso l’effetto contrario. È solo attraverso il dialogo costruttivo, la pazienza di ascoltare prima di giudicare e il rispetto che si possono costruire rapporti umani ed empatici, senza correre il rischio di sentirsi dire: “sei esagerato, cosa vuoi che sia!”
Martina, Morbo di Crohn
12 MAGGIO 2014
Ore 07:00. Sveglia.
Mi chiamarono per dirmi di prepararmi perché di lì a poco mi avrebbero portato in sala pre-operatoria. Una sala asettica, verde e bianca con tanti letti, tanti medici che andavano da una parte all’altra. E poi io, in un angolo, in attesa. Un infermiere mi chiese se ero tranquilla. “Ma certo” dissi io “Sembra di essere in ‘Dr House!’” Era l’ansia che parlava. Stetti poco in attesa perché mi vennero a prendere e mi spostarono nella vera sala operatoria dove alcuni medici ridevano e scherzavano su cene, concerti, mariti, mogli, colleghi mentre io ero lì, di nuovo in attesa.
Durò pochissimo stavolta. Una puntura in vena e ciao. Vidi tutto appannato, sfuocato e poi niente più.QUALCHE GIORNO DOPO.
Cominciai a riprendermi con fatica, molta fatica. Ricordo di essere stata male, malissimo la prima notte e poi piano piano sempre meglio. Ma non volevo proprio guardarmi la pancia. Non mi piaceva l’idea di avere una cicatrice, figuriamoci la realtà. Chiesi subito di quanti punti era fatta… 26. Una gran bella cicatrice. Per un po’ ci scherzai su dicendo che la cicatrice mi faceva sembrare una dura, una bulla. Non ci credevo nemmeno io, la verità era che la cicatrice mi faceva male, male fisicamente e molto male psicologicamente. Ogni giorno che la guarderò, ripenserò alla sofferenza che ho provato prima. E non sarà piacevole, ma basterà per non farmi mollare mai.
Grazie Chiara, grazie per questa splendida opportunità. Grazie perché con la tua campagna di sensibilizzazione verso le disabilità invisibili del corpo, hai dato la forza a me e a tanti altri come me di potersi raccontare, di potersi mostrare per come si vedono, per come sono e per come si sentono.
Belli, malati e compresi.
Sara, rettocolite ulcerosa
Chi vuole vincere impari prima a perdere.
Non amo esibire queste cose non l’ho mai fatto, ma ne sento la necessità, la necessità di non nascondermi più. Le parole che affiorano alla mente sono come vortici in questo istante. Sono tre anni di una lotta incessante contro una subdola malattia, tre anni in cui hai annullato la mia gioventù, la mia spensieratezza. Tre anni in cui ho conosciuto un dolore incessante non solo fisico, a quello ti ci abitui impari a combattere, ma qualcosa di più profondo e radicato, il dolore dall’animo, l’unico che non puoi spegnere facilmente. Ho sempre indossato la mia maschera migliore, quella sorridente, quella forte. Non voglio parlare dei miei iter terapeutici, dei miei ricoveri e della mia solitudine. Ho perso “amici” lungo il tragitto, ho pensato che la ricerca del vero amore avrebbe riempito le mie giornate ed invece, mai avrei immaginato di avere tanto amore a distanza di un palmo dalla mano, perché proprio nei momenti più difficili la famiglia resta e questo traguardo va anche ai miei genitori, fieri combattenti senza i quali sarei stata sola.
Mai ho perso la fede, forse è fuori tempo, fuori luogo, ma ringrazio Dio ogni istante della mia vita, nella sofferenza non ho mai smesso di pensare che “Tu” mi avessi abbandonata, hai dato un senso alla mia vita! Ora ho una sfida da portare a termine, è una partita tra me e TE e sappiamo che posso farcela. Non porto rancore, accetto il mio destino. Ho conosciuto il dolore ed ho imparato a capire quanto questa vita sia meravigliosamente fragile e ne sono follemente innamorata, quanto sia facile definirci “forti e giovani” dimenticando di essere semplicemente piccoli esserini vulnerabili e cocciuti. Non disperate di fronte agli ostacoli della vita, se un compito non è andato come avreste voluto, se qualcuno vi ha voltato le spalle, se i vostri gesti sono stati fraintesi, non per questo bisogna disperarsi, non per questo la vita è grigia! Dalla stanza di un ospedale nei lunghi ricoveri nel grigiore della vita ho sempre avuto il coraggio di voler vedere un barlume di colore e in quello spazio ho tinto la mia vita, avete a disposizione un sorriso per annientare il nemico. Non abbiate paura! La paura non lascia spazio al coraggio, la paura acceca e “Chi ha paura muore ogni giorno”. Lasciate spazio ai sentimenti puri, non permettete che le circostanze avverse della vita vi incattiviscano, reagite e ricordate che dietro gli atteggiamenti apparentemente strani di una persona si nasconde un MONDO. Per questo non giudicate, ma siate comprensivi, siate più “umani”. Spesso la verità è così semplice e nemmeno ce ne accorgiamo (ne ho ricevute tante di critiche ed insinuazioni riguardo il mio stato) e beh, non serve un fiocco o una giornata commemorativa per essere vicini a chi soffre. Ciò che è indispensabile è il rispetto e la delicatezza, non siamo malati siamo combattenti. E ricordate che “L’essenziale è spesso invisibile agli occhi”, un po’ come questa malattia invisibile ad occhio nudo e presente più che mai nella mia vita. Forse non avrò il ventre liscio e piatto di una modella, forse molti tenderanno a coprirsi gli occhi per non vedere quella “sacca” magari sarò soprannominata “la ragazza con la borsetta”, ma non m’importa, quella sacca mi ha salvato la vita, quella sacca, quelle cicatrici mi ricordano chi sono diventata! Sono solo al primo step di tre interventi chirurgici, ma una cosa la so per certo: da adesso in poi “giocherò soltanto per vincere”. Ed è vero, gli esami non finiscono mai, ma da domani l’esame più importante sarà sconfiggere questa bestia ed intanto tra me e me dico: finalmente preparati cara mia, perché Sara sta per rinascere. La lotta, il tragitto sono ancora lunghi, ma non ho paura. E alla fine io sono viva e con i miei 18 anni continuo a sorridere e a trovare la musica più adatta per far “ballare la mia vita”.
Livia, rettocolite ulcerosa
Ho sempre amato gli animali, in particolare i cani e i gatti, ed ho sempre pensato che siano dotati di una straordinaria sensibilità nei confronti di chi soffre per una malattia.
Quel giorno che ho conosciuto Livia e Gas ne ho avuto la conferma!
Livia ha la Rettocolite ulcerosa dal 2008 e da quel momento la malattia l’ha trascinata nel vortice della stanchezza e dei dolori, del dimagrimento e dell’isolamento. Non ha però mollato la presa e dopo essersi laureata ed aver rinunciato al lavoro per il quale aveva lottato tanto, ha cambiato rotta per seguire ritmi più stabili e avere più tempo per se stessa. Dopo un anno da quella decisione, Livia ha finalmente cominciato a stare meglio, spiegando più volte che l’obiettivo siamo noi stessi e che i sogni ci seguono di conseguenza, adattandosi ai nostri percorsi di vita. Lavorando a stretto contatto con i cani, ho chiesto a Livia di portare anche il suo migliore amico a quattro zampe.
Allora le mie lenti fotografiche hanno filtrato quella perfetta empatia umana-animale e quell’amore puro ed incondizionato che spesso si fa fatica a comprendere. E molto più spesso si fa fatica a comprendere l’importante aiuto fisico e psicologico che un cane può portare. Livia mi ha spiegato che accarezzare un animale libera endorfine, abbassa la pressione sanguigna e rallenta la frequenza cardiaca; aiuta a combattere la depressione, aumenta l’autostima e aumentano i contatti sociali, aiuta a rialzarsi nei momenti difficili ed ad andare avanti. Livia ha 5 cani e per lei è facile instaurare un legame di amicizia e rispetto con gli animali, ma con il suo Gas si è creato un legame ancora più profondo basato sulla complicità e la gratitudine reciproca.
Livia: Gas è nato sfortunato e fortunato insieme. La madre morì di parto e io e Gabriele decidemmo senza indugi di allattare questo scriccioletto cieco e sordo.
Mai decisione fu più felice! Ora Gas ha due anni e riempie le nostre vite.
Quando sono in colica e mi butto sul divano o sul letto lui arriva scodinzolando e mi si accoccola sull’addome, il suo calore mi rilassa e sentire il suo cuore battere mi rimette in pace con il mondo.
Anna, colite ulcerosa
Non starò qui a raccontarvi della mia RCU, dei miei 7 interventi in 6 anni, di quelli andati male e di quelli andati bene, delle mie due ileo-stomie o del confezionamento di Pouch-ileale, di quanto la malattia ti metta a dura prova, di quanto ti riesca a piegare a tal punto da cambiarti completamente, da renderti insicura, del continuo e costante senso di inadeguatezza sempre e ovunque, dei sensi di colpa nei confronti di chi ti sta accanto a causa delle sue rinunce, o il sentirsi sempre in debito con l’azienda per cui lavoro a causa di assenze prolungate.
No, non voglio parlarvi di questo.
Voglio parlarvi di cosa ho imparato negli anni, e di quanto una buona assistenza psicologica sia utile per scoprire quanto un atteggiamento positivo possa impattare sugli effetti negativi della malattia
Milvia Elena, Morbo di Crohn
Marzo 2011 vengo operata in laparoscopia.
Avevano detto che c’era un riversamento di pus, le anse intestinali erano attaccate tra di loro ed erano anche attaccate al fegato. Hanno ripulito il pus e messo un drenaggio. Poco dopo ricovero e diagnosi: morbo di Crohn.Avevo smesso di uscire, avevo paura delle scariche. Il mio umore era sempre più nero, a soli 2 giorni dal mio 21esimo compleanno. A fine mese ho un blocco intestinale e mi ricoverano. Mi attaccano una sacca per la nutrizione parenterale che brucia nelle vene, ma sono troppo sottopeso, non si può evitare. Mi fanno una tac, c’è del liquido nell’addome devono trasferirmi a chirurgia, devo essere operata. Mi sveglio e non ho i sacchetti, non potevano resecare l’intestino le pareti immerse nel pus da mesi erano troppo rovinate.
Mi dicono che a settembre dovrò operarmi per una resezione, ho recuperato troppo poco peso da maggio. Non ci sono mai arrivata a settembre, il 3 agosto mi hanno operato d’urgenza, mancavano poche ore che il pus perforasse la pelle.
Ho rischiato di morire di setticemia. Mi risveglio con due sacchetti, una ileostomia ed una colostomia per far riposare il colon che mi avevano lasciato. Me ne avevano asportati i primi 20 cm a partire dall’ileo.
Ero terrorizzata, ma almeno potevo riprendere a mangiare. A novembre mi operano per la ricanalizzazione, non è stata semplicissima la situazione dopo. Dovevo capire cosa mangiare per non stare male, quale ritmo di vita avere per non stressarmi e stare male con dolori e scariche. Avevo ripreso l’università, un mese e mezzo dopo il mio intervento avevo dato due esami, mi ero fatta nuovi amici e conoscenti.Due anni dopo ho iniziato ad andare in palestra, mi sono appassionata al body building, sono 3 anni che mi alleno con costanza e determinazione. Se mi dicessero di tornare indietro a 5 anni, di poter rivivere questi anni senza il Crohn direi che preferisco tenermi questa vita. Sono quella che sono oggi grazie a tutto quello che ho passato, alle amicizie perse, alle rinunce fatte, alle conquiste. Amo il mio corpo grazie al body building, a tutte le ore passate in palestra, a sudare e a scoprire di essere più forte di quanto credevo a livello fisico.
Amo le mie cicatrici, le medaglie delle guerre che ho vinto.
Linda, rettocolite ulcerosa
Se si cura una malattia si vince o si perde, ma se si cura una persona vi garantisco si vince sempre, qualunque esito abbia la terapia. Solo da poco ho iniziato a capire che lei è e sarà parte della mia vita, volendo o non volendo me la devo “far amica” e allora ho iniziato a informarmi, mi sono iscritta all’associazione Amici, ho iniziato a leggere testimonianze e voglio in qualche modo diventare parte attiva e essere “voce” per tutti noi affetti da queste patologie.
Ho deciso, per iniziare, di portare il giorno della mia laurea un approfondimento bibliografico sulla Rettocolite ulcerosa!
Noi ci siamo, esistiamo e allora è giusto farci “sentire” e continuare sempre a Vivere e Sorridere.
Linda ha la Rettocolite ulcerosa da circa un anno e mi ha raccontato che per lei non è una malattia sconosciuta, l’aveva infatti studiata sui libri di scuola, nei reparti in ospedale e dai pazienti in varie occasioni. Da studente infermiera improvvisamente ha dovuto riconoscere su se stessa i sintomi di questa malattia, viverla in prima persona, passando dalla divisa bianca ad essere la paziente.
Linda mi ha raccontato della sua tesi e di ciò che ha da poco esposto nella sua sessione di laurea, facendo partecipare anche il mio progetto: il counseling infermieristico per migliorare la compliance nella persona giovane affetta da Rettocolite ulcerosa.
Immenso onore e commozione di fronte a ciò che ha scritto nella sua presentazione e nel suo bellissimo lavoro.
Matilde, colite ulcerosa
Ci si abitua a farsi venire idee creative per distogliere i brutti pensieri. Voler riempire la mente di colori e fiori per creare. Trovare momenti che ti permettano di star bene.
Ci si abitua a viaggiare non solo con la mente ma concretamente. Quei viaggi che mi porto dentro, ma ricordo sempre con dolori e sangue presente. Viaggiavo aprendo gli occhi al mondo per permettermi di essere più forte. Quella forza che ho sempre cercato di fare uscire, anche quando pensavo di non più farcela. Anche quando le gambe e i muscoli non mi sostenevano più dal dolore. Quel dolore che era diventato ingestibile. Così grande per me da non più riuscire a nascondere agli altri.Ci si abitua a lottare, a credere e a sperare. Quella continua speranza che ti permette di non arrenderti anche quando pensi d’aver passato il peggio, anche quando pensi d’aver toccato il fondo, ma il peggio del peggio doveva ancora arrivare. In 7 anni con la mia colite ulcerosa mi sono abituata a tante cose. Sono cresciuta, sono diventata una donna.
Condividiamo gli stessi anni di sofferenze e rivincite, condividiamo la stessa malattia, condividiamo la stessa passione per l’arte, la stessa sensibilità, la stessa grinta e determinazione.
Il destino mi ha concesso la fortuna di conoscere una donna bellissima, Matilde, che mi ha fatto emozionare dal primo momento che ho conosciuto la sua storia.
Matilde, ha superato due interventi, il primo, una colectomia totale d’urgenza lo scorso aprile, il secondo per la ricostruzione di una J-pouch, e al momento è in attesa del terzo.
Dal primo momento che ci eravamo sentite ho subito pensato che lei sarebbe stata la mia musa ispiratrice, l’unione perfetta tra arte ed emozione, il verde speranza e lo sbocciare di colori di positività.
Matilde infatti è una stupenda pittrice ed ho avuto l’onore di osservarla mentre dipingeva la sua pancia, catturando la rinascita tra rami e fiori.
Il suo nome, mi ha spiegato, significa “donna guerriera” e dopo aver saputo toccare il fondo, mi ha affermato che in molti momenti si è sentita una guerriera.
E niente, vedevo lei nella copertina del mio libro Women Fighters!
Lidia, colite ulcerosa
Mi ripeto spesso che la mente domina la materia, ma fino ad un certo punto.
Ho sempre paura che la malattia si risvegli, e mi fa male il fatto che tante persone a noi vicine non sappiano di cosa si tratta, che ti accompagnerà tutta la vita, che ti legherà ad altre patologie come l’artrite reumatoide o la psoriasi, non capiscono la vergogna ai primi segnali, il dolore o semplicemente la fatica anche solo per alzarsi dal letto in fase attiva.
Devo ringraziare mio marito, che mi è sempre stato vicino nelle visite e nei momenti bui mi ha rassicurato, ed il mio stupendo bambino che mi ha dato una forza che non pensavo di avere, di reagire e farmi curare.
Carla, rettocolite ulcerosa
Quando mi è stata diagnosticata la Rettocolite ulcerosa avevo iniziato da qualche anno, un po’ per gioco un po’ per curiosità, a frequentare un corso di danza orientale, cosa strana per me visto che fino ad allora non avevo mai provato nessun tipo di ballo.
Ma andando a lezione mi sono resa conto che mi piaceva molto, sbagliavo sicuramente alcuni passi e alcune movenze, non ero magari la più brillante del corso ma tornavo a casa rilassata ed appagata e non chiedevo altro.
E poi è iniziata l’emozione di preparare le coreografie con le mie compagne di corso, l’entusiasmo di organizzare lo spettacolo di fine anno, e nello stesso tempo un po’ la vergogna di mostrare a persone estranee le cicatrici sulla mia pancia, il mio corpo un po’ troppo gonfio a colpa del cortisone, ma tutto questo spariva prima di salire sul palco per lasciare spazio alla grande soddisfazione di pensare “Visto, ce l’ho fatta anche questa volta!”.
Carla è una donna fantastica, che ho avuto il piacere di conoscere qualche tempo fa.
A 44 anni ha scoperto di avere la colite ulcerosa dopo continui disturbi alla pancia, gonfiore, dolore, e scariche con sangue. Ciò che mi ha colpito di più è stato quando Carla mi ha raccontato della visita dal gastroenterologo circa sei anni fa per adeguare a terapia.
Mentre era stesa a farsi ascoltare la pancia, il gastroenterologo sente qualcosa di strano nel suo addome e decide di farle fare un’ecografia. Dopo l’ecografia anche la TAC. L’esame aveva evidenziato un tumore al rene destro, che era già di 7 cm e dovevano subito asportarlo.
L’intervento è andato bene e Carla mi ha detto più volte che ha ringraziato la malattia perché l’ha aiutata a scoprire tutto questo. Mentre la fotografavo, Carla mi raccontava della danza del ventre, passione nata per caso e coltivata nel tempo.
In questi ultimi tre anni ha dovuto sospendere le lezioni, prima per l’operazione alla spalla visto che il cortisone le aveva lesionato i tendini, poi per la riacutizzazione della malattia.
Le è mancato molto vivere quei momenti di tranquillità e complicità femminile, senza competizione, solo per il piacere di condividere la danza.
Eppure si è fatta una promessa: “Non sempre quello che noi vogliamo coincide con quello che possiamo fare, basta non perdere l’entusiasmo e saper attendere il tempo giusto. E adesso aspetto solo che la mia pancia sia ‘tranquilla’ per poter ricominciare, sicuramente un po’ ammaccata, un po’ arrugginita ma sempre con il sorriso e pronta a rimettermi alla prova”.
Jessica, colite ulcerosa
Una frase splendida dice: lo yoga è un viaggio verso il sé, attraverso il sé dentro di sé.
In poche parole accettare il proprio corpo e se stessi così come siamo e riscoprirsi ogni volta.
Adele, Morbo di Crohn
Il mio calvario è durato più di otto anni, otto anni di visite, esami per intolleranze, mi accusavano di crearmi problemi inutili, di essere anoressica e che ormai mi ero convinta di avere qualcosa che era diventato un problema psicologico, eppure io sentivo il mio corpo, sentivo che avevo qualcosa in pancia che non andava.
Una cosa che ho imparato tantissimo in questa esperienza è proprio quella di sentire ed ascoltare il mio corpo.
Purnima, Morbo di Crohn
In ospedale il primario mi disse che forse non avrei potuto avere figli…
Iniziarono subito a curarmi con il cortisone e nel giro di qualche mese iniziai a stare meglio, cosi verso novembre io e mio marito decidemmo di avere un bambino perché in ospedale il primario mi disse che forse non avrei potuto avere figli.
A dicembre riuscii a rimanere incinta! Parlando con il mio medico curante decisi di non fare più nessuna cura per il bene del bambino e sono stata fortunata perché sembra che le gravidanze facciano addormentare questa malattia…
Sarah, colite ulcerosa
Se sono riuscita a resistere alla depressione che tale condizione mi ha provocato, è stato grazie alla mia musica… Di colpo le mie priorità divennero altre: il numero di settimane in cui ero costretta a rimanere a digiuno attaccata ad una nutrizione parenterale, il numero di mesi trascorsi in un letto d’ospedale, i pesanti effetti collaterali del cortisone e degli immunosoppressori, il mio corpo che si deformava, il numero di kg che continuavo a perdere, i dolori lancinanti che dovevo sopportare, le perdite di sangue inarrestabili, i continui esami strumentali invasivi che dovevo subire, il peso della sconfitta dell’ennesima terapia che non aveva alcun effetto positivo sulla malattia… E poi la decisione di affrontare tre interventi chirurgici, di rinunciare a un metro di intestino, di convivere per due anni con un’ileostomia, e infine di tentare una ricanalizzazione ad alto rischio di insuccesso.
I pensieri di una diciannovenne solitamente sono ben altri. In quel periodo fui costretta ad accantonare i miei progetti…Il conservatorio, l’università, le aspirazioni, i sogni, tutto. Se sono riuscita a resistere alla frustrazione e alla depressione che tale condizione mi ha provocato è stato grazie al mio violino e alla musica. Le corde del mio strumento mi han permesso non solo di sublimare le terribili esperienze che stavo vivendo, ma di rimanere aggrappata disperatamente all’unico barlume di vita che mi era rimasto.
Se avessi perso anche quello sarei morta.
Barbara, colite ulcerosa
Chi la vuole una ragazza malata?
Una sera presi coraggio, parlai con Francesco della situazione, perché ancora non gli avevo raccontato nulla. Avevo paura, pensavo che mi avrebbe lasciato.
Invece no.
Quasi rimasi spiazzata dalle sue risposte: la malattia non era un problema, son cose che capitano nella vita, e per lui non era un problema starmi accanto. In quel momento ho avuto la conferma di quanto fosse speciale, e mi resi conto anche di quanto fosse importante la presenza di persone come lui nella mia vita, che sono comunque poche, ma che mai mi avevano fatto sentire diversa, o malata.
Chi ti vuole bene a prescindere da tutto rimane, ed anzi, fa una delle cose più belle del mondo: decide di prendersi cura di te.
L’amore in effetti è un’arma potente e ha sicuramente un certo effetto terapeutico.
Cosa ne pensi?