La norma era stata anticipata nell’ottobre del 2020, ma le forti proteste che ha scatenato ne avevano rallentato l’entrata in vigore, almeno fino al 27 gennaio 2021, quando, quasi a sorpresa il governo polacco ha inserito la norma che vieta l’aborto anche in caso di malformazione del feto nella Gazzetta Ufficiale.

Quanta norma segna un drammatico passo all’indietro per le donne e per tutti i diritti faticosamente conquistati negli anni: con la sentenza storica, ma in senso negativo, della Corte Costituzionale polacca si è infatti eliminata la possibilità di ricorrere all’aborto anche in caso di gravi malformazioni del feto, assottigliando di fatto le possibilità, per le donne, di farvi ricorso.

La legge polacca sull’interruzione di gravidanza, datata 1993, era già fra le più restrittive in materia, dato che consentiva l’aborto solo in caso di gravidanza seguita a uno stupro, di pericolo di vita per la madre e, appunto, di gravi malformazioni fetali, ma la sentenza di ottobre, letta dalla presidente del tribunale, Julia Przylebska, considerata vicina al governo polacco di destra, con 11 voti favorevoli e 2 contrari ha cambiato le carte in tavola, con la motivazione che non esiste tutela della dignità di un individuo senza la protezione della vita.

Così facendo, e considerando che il 98% degli aborti venivano praticati proprio in caso di malformazioni gravi del feto, è chiaro sia che si ridurranno al massimo le opportunità, per le donne, di scegliere la strada dell’Ivg, sia che si alzerà drasticamente il numero di donne che farà ricorso all’aborto clandestino, che, secondo le organizzazioni femministe, ogni anno sono già tra le 100 e le 200 mila le donne. Questo perché, nonostante dovrebbe essere ormai chiaro, vietare l’aborto non lo elimina in senso assoluto, ma mette solo le donne nelle condizioni di doversi rivolgere a strutture che, come accadeva in passato, mettono spesso a repentaglio la loro vita.

Come si è arrivati a questa sentenza terribile per i diritti delle donne? Tutto è partito dalla volontà di circa un centinaio di parlamentari secondo cui le interruzioni di gravidanza per malformazioni del feto violerebbe i principi di protezione della vita di ogni individuo stabiliti dalla Costituzione. Per questo motivo lo scorso aprile la maggioranza guidata dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS) aveva già provato con una proposta di legge, appoggiata anche dai gruppi religiosi cattolici, a introdurre il divieto; tutto fermato poi per le proteste dei movimenti femministi, che aveva spinto la proposto in commissione.

Ma un tentativo c’era già stato anche nel 2016, quando, su 460 deputati, ben 270 hanno votato per una legge che prevedesse l’aborto solo ed esclusivamente nei casi in cui una donna rischiasse la vita. Il tutto nella necessità, secondo quanto sostenuto all’epoca da Beata Szydło, portavoce del governo di Diritto e Giustizia, di riportare in primo piano i valori fondamentali della cristianità, per cui la vita è un diritto inalienabile.

In quell’occasione Razem, partito di sinistra fondato nel maggio 2015, ha dato il via ad una protesta usando i social network: lanciando l’hasthtag #CzarnyProtest (letteralmente #ProtestaNera) ha invitato tutti i contrari al disegno di legge a vestirsi di nero, portando quindi la protesta non solo nelle piazze e nelle strade delle città polacche, ma anche a livello mediatico.

Le proteste ci sono state anche questa volta, a Varsavia, davanti alla sede della Corte Costituzionale.

Peraltro, preoccupazione per la sentenza polacca è già stata espressa dalla Commissione per i Diritti Umani, attraverso un tweet,

Rimuovere le basi per quasi tutti gli aborti legali in Polonia equivale a un divieto e viola i diritti umani. La sentenza odierna della Corte costituzionale significa aborti clandestini/all’estero per coloro che possono permetterseli e per tutte le altre un calvario ancora più grande. Un giorno triste per i diritti delle donne.

È chiaro, però, che questo, da solo, non sia sufficiente per arginare la pericolosa manovra conservatrice del Parlamento polacco, che anche sul tema dei diritti della comunità LGBT sembra piuttosto indietro, tanto da risultare agli ultimi posti secondo la classifica di ILGA (International Lesbian and Gay Association) , e da aver ricevuto un’ammonizione da parte della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, a settembre 2020, nel corso di un appuntamento con #AskthePresident, in cui ha rimarcato come non ci sia spazio nella UE per le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. In quell’occasione von der Leyen ha anche minacciato di sospendere i fondi europei e di agire per vie legali.

Forse una soluzione del genere sarebbe auspicabile anche in un caso come questo, in cui si mette a rischio non solo la libertà di scelta delle donne ma, indirettamente, anche la loro stessa vita, portandole sulla strada della clandestinità. In questa gallery abbiamo voluto riportare alcuni degli scatti più rappresentativi della #ProtestaNera, sia delle migliaia di persone scese in piazza che di quelle che hanno voluto aderire tramite Twitter, Instagram e altri social, ricordando l’importanza di questo movimento i cui sforzi, però, a oggi, sembrano essere stati vani.

La Polonia vieta l’aborto anche in caso di malformazioni del feto
Fonte: instagram.com @Anja Rubik
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