Le donne raccontano il trauma delle molestie nei luoghi pubblici

Le donne raccontano il trauma delle molestie nei luoghi pubblici
instagram @cheerupluv
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In strada. Al parco. In metropolitana. Al supermercato.

Non esiste un “luogo” dove poter subire una molestia, non ci sono posti più o meno pericolosi, ogni donna può essere vittima di un abuso, di un apprezzamento fuori luogo, di un gesto di troppo, dappertutto. Non è necessario accettare inviti dubbi a casa di un produttore che ti offre un lavoro, scenario ultimamente sentito spesso dopo lo scoppio del caso Weinstein, non è sufficiente evitare luoghi che, per antonomasia, potrebbero spedirti dritta tra le braccia del lupo cattivo.

Perché quel lupo cattivo potrebbe essere il tuo vicino di posto in metro, o uno che, come te, cerca la frutta al supermarket. Non ci sono luoghi sicuri, e spesso una donna, anche se è terribile dirlo, può fare appello solo alla propria fortuna, se riesce a tornare a casa senza aver incontrato qualcuno che l’abbia importunata, infastidita o molestata. Non serve necessariamente essere violenti in senso fisico, anche le parole, i commenti inopportuni, gli ammiccamenti sgraditi possono rappresentare – e sono – una violenza che segna psicologicamente, che ti incute il timore di trovare altri uomini così, di sentirti ripetere quelle espressioni, di ritrovarti nuovamente in quella situazione di estremo disagio.

La fotografa britannica Eliza Hatch ha provato sulla propria pelle l’esperienza, con uno sconosciuto che le ha rivolto parole poco eleganti. “Quella singola espressione, cheer up – che si traduce come “su con la vita” – mi ha irritato talmente tanto da convincermi a reagire in qualche modo“, ha spiegato Eliza, come riporta TPI, “Mi ha spinto a confrontarmi con le mie amiche, anche loro vittime di esperienze simili“.

Proprio la condivisione della medesima esperienza con altre ragazze l’ha convinta a realizzare un progetto fotografico, che si chiama proprio Cheer Up Luv, e che, sull’account Instagram della fotografa ventitreenne, ha raccolto le testimonianze di alcune ragazze che hanno subito molestie in luoghi pubblici, le quali hanno accettato, coraggiosamente, di tornare proprio in quei posti per farsi fotografare.

Ho realizzato che il problema non riguarda tanto le molestie, quanto il fatto che in molti non colgano il disagio che si prova dopo questi incontri e che non ci sia un livello di attenzione adeguato nell’opinione pubblica“, ha aggiunto Eliza, che ha riscosso notevole approvazione dopo la pubblicazione del progetto; il cui scopo principale, sottolinea, l’autrice, è “terapeutico, per me e le altre donne coinvolte. Voglio dar loro una voce e continuare a denunciare il problema“.