Le storie delle vittime di Las Vegas e i messaggi di chi fa i conti con il dolore

Le storie delle vittime di Las Vegas e i messaggi di chi fa i conti con il dolore
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I giorni immediatamente seguenti alla tragedia restano i perché, molti quelli che probabilmente resteranno irrisolti, le indagini, le ricerche che possano aiutare a capire cosa abbia spinto Stephen Paddock, un pensionato di 64 anni, a compiere la mattanza che il primo ottobre 2017 ha sconvolto gli Stati Uniti, il mondo intero.

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Un insospettabile, un uomo qualunque che in una notte di festa, durante il Route 91 Harvest Festival, una rassegna di musica country, è salito al trentaduesimo piano del Mandalay Bay Hotel, l’albergo più grande del mondo, oltre tremila camere, 24 ascensori, un casinò di oltre 12 mila metri quadrati, e ha fatto fuoco sulla folla, sulle 40 mila persone venute ad assistere al concerto, a passare una serata di festa nella città del divertimento sfrenato e della perdizione, in quella Las Vegas fatta di luci, musica, cabaret e tavoli verdi.

I perché, dicevamo: tanti, quelli ancora da chiarire, tanti quelli che non troveranno mai una risposta rispetto al gesto folle, omicida, di quell’uomo definito “per bene”, ma nella cui abitazione gli agenti hanno ritrovato un vero e proprio arsenale. E poi le indagini, serrate, per capire se in effetti ci sia motivo di credere alla rivendicazione dell’Isis della strage, e il dibattito, che si riapre, puntuale dopo ogni tragedia, sulla facilità eccessiva con cui negli USA è possibile avere un’arma.

Ma tutti questi sono discorsi, necessari, certo, doverosi, che però forse poco importano a chi in questo momento piange i suoi cari, i suoi figli, fratelli, compagni, caduti sotto i colpi del fucile di un uomo sicuramente instabile, disturbato, certamente molto più pericoloso di quanto tutti potessero credere possibile.

È a loro che il pensiero si rivolge spontaneamente: alle 59 vittime che in quella nottata assurda, inverosimile, hanno perso la vita; a chi era lì per ascoltare un po’ di musica, a chi voleva tentare la sorte alla roulette o alle slot machine nei grandi casinò, o semplicemente a chi passava di lì per caso, incuriosito, eccitato dalle luci brillanti della città, durante una vacanza nel Nevada desiderata a lungo.

A loro, e alle loro storie, riportate da Cosmopolitan, ci sembra giusto dedicare questa gallery; perché di indagini e congetture si occuperanno le autorità, gli specialisti e i tuttologi di professione pronti a dibattere sulla grandi reti nazionali, ma al dolore delle 59 famiglie spezzate da questa folle strage non c’è niente, nemmeno la risposta a tutti i perché, che possa dare pace.

Perché non dobbiamo permettere a niente di offuscare la nostra umanità.