Caso Bebe Vio: se contro queste minacce sessuali non abbiamo i mezzi per difenderci

Caso Bebe Vio: se contro queste minacce sessuali non abbiamo i mezzi per difenderci
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In questa gallery abbiamo raccolto le screenshot postate da Selvaggia Lucarelli sull’ennesima ignobile vicenda di cyber violenza, stavolta ai danni delle campionessa paralimpica Bebe Vio.
Lo abbiamo fatto perché, ancora una volta, tocca urlare che il web è reale e questa è violenza, a tutti gli effetti.
Le minacce sessuali rivolte a Beatrice Vio su una pagina Facebook ora chiusa dal titolo evocativo, “Fistare Bebe Vio con le sue stesse protesi”, e riprese in agghiaccianti messaggi come quelli che vi proponiamo qui,  non sono solo volgarità di gente ignorante e codarda che si “nasconde” sul web, spesso dietro a profili fake e gruppi chiusi.

Questa è violenza. Punto. Non meno aggressiva, perché apparentemente immateriale, visto che immateriale non è.
Dietro a ogni fake c’è una persona in carne e ossa, che lavora con noi, vive vicino a noi, magari stamattina ha preso la metro con noi. Sono uomini o donne che arrivano anche solo a pensare quello che si vede scritto in queste schermate.
Questa violenza è talmente materiale, concreta, palpabile che uccide: ha ucciso Tiziana Cantone; ha ucciso Bethany, laddove non ci era riuscito un cancro, a soli 12 anni; Brandy a 18 si è sparata davanti al padre; anche Louise si è tolta la vita a 16; ha ucciso molte altre persone e, c’è da credere, altre ne ucciderà ancora.
La violenza sul web non è reale?

E al diavolo chi parla di “pietismo” e tira in ballo la disabilità della Vio. Bebe Vio è una guerriera, con più abilità di quanta ne abbia la maggior parte di noi gente cosiddetta “normodotata”. Una che non ispira pietà, semmai forza, coraggio, come in questo caso, in cui non ha esitato a denunciare i suoi aggressori.

Ho appena denunciato gli autori della pagina Facebook che mi prendeva di mira: ci vuole una risposta decisa a questi comportamenti.

È amareggiata, delusa, Bebe Vio

Sono amareggiata – ha dichiarato l’atleta paralimpica all’Ansa – perché sono anni che do tutta me stessa e lotto per gli altri e per le cause in cui credo. E sono delusa perché mi fanno tristezza le persone che usano internet per insultare e denigrare

La denuncia è partita dal Codacons, che ha emesso questo comunicato

Nuova denuncia del Codacons contro Facebook. Stavolta a finire nel mirino dell’associazione dei consumatori è una pagina pubblicata sul noto social network nella quale viene presa di mira la campionessa paraolimpica Bebe Vio.
Da segnalazioni giunte all’associazione, infatti, è emerso che su Facebook è stata creata una pagina dal titolo “Fistare Bebe Vio con le sue stesse protesi”, con tanto di immagini della ragazza disabile. Numerosi utenti di Facebook hanno segnalato la pagina attraverso i canali messi a disposizione dal social network; tuttavia gli amministratori del sito avrebbero risposto che la pagina rispetta gli standard dello stesso e, per tale motivo, la stessa sarebbe rimasta visibile per molto tempo sul web.
“Tale pagina dal titolo “Fistare Bebè Vio con le sue stesse protesi” – già il titolo parla da sé – inneggiando pratiche violente e sessuali nei riguardi di una disabile facendo leva sul suo stesso handicap, non rispetta affatto gli standard del sito dal momento che attraverso di essa vengono inevitabilmente veicolati i seguenti messaggi: incitamento all’odio, al razzismo, alla discriminazione per una disabilità, alla violenza, che costituiscono, invero, tutti elementi presenti nella policy di Facebook e dallo stesso vietati – scrive il Codacons nell’esposto – Per tali ragioni non si comprende il mancato intervento immediato di rimozione da parte dei responsabili. Detta pagina viola altresì i precetti costituzionali sanciti dagli artt. 2 e 3 Cost. che segnatamente mirano a salvaguardare i diritti assoluti dei cittadini di uguaglianza e di libera estrinsecazione della propria personalità”.
Per tale motivo il Codacons ha chiesto alle Procure della Repubblica di Roma e Venezia, nonché alla Polizia Postale e all’Autorità per le comunicazioni, di “utilizzare ogni strumento investigativo consentito dalla legge e dal rito allo scopo di predisporre tutti i controlli necessari per accertare e verificare se i fatti esposti possano integrare fattispecie di illecito civile, amministrativo e penale, nella forma tentata e consumata, nonché individuare tutti i soggetti da ritenersi responsabili  e di conseguenza adottare i dovuti ed eventuali provvedimenti sanzionatori”

Pagina chiusa, questa. Non quelle (gruppi chiusi compresi) in cui compaiono invece gli insulti raccolti qui.

Quanto tempo dovrà passare e quante vittime con meno risorse caratteriali di una Bebe Vio dovranno essere uccise tre volte: dai loro aguzzini, da una giustizia lacunosa e impotente e da un social network che arriva a influenzare i giochi di potere del mondo ma, di fronte alla questione del cyberbullismo, si lava le mani, novello Ponzio Pilato, e dice non è colpa mia; giocando il ruolo delle candida app nata dal genio di un ragazzino e diventata filantropa, ma senza i mezzi per contrastare efficacemente questa cyber mafia che le è cresciuta in grembo.