Come reagireste se vostro figlio volesse indossare una gonna? Questa è una domanda che spesso viene posta su thread nei forum o sui social network. Ognuno reagisce in maniera diversa, ma la storia di Cian e dei suoi genitori è particolarmente interessante. Cian ha cinque anni, è figlio di una fotografa (il suo sito è Kells’ Natural Photography). A Ciao piacciono tante cose: i supereroi, le macchinine, tagliarsi i capelli corti. E anche se qualche volta ama vestirsi come il suo papà, si sente a suo agio nelle gonne e nei vestiti da bimba o nei tutù. Ma i suoi genitori sanno bene che il modo in cui il loro bimbo si veste non ha nulla a che fare con la sua identità di genere, non ha a che vedere con la sua sessualità futura né con il fatto che un giorno – come tutti – potrebbe interrogarsi e voler decidere sulla sua identità di genere.
I genitori di Cian lo stanno crescendo “senza genere”: il piccolo si comporta come meglio si sente, com’è più a suo agio con se stesso. I pregiudizi spesso ci portano a identificare determinati capi di vestiario con un genere ben preciso: le gonne sono per le donne secondo il sommo pregiudizio – sebbene da ormai quasi quaranta anni fior fiore di stilisti ci propongano la gonna anche per gli uomini. Ovviamente non funziona così: i bambini non hanno filtri e sono più curiosi di noi adulti, ormai sopraffatti da sovrastrutture mentali. L’educazione che i genitori stanno impartendo a Cian – crescere senza genere – ha un precedente famoso: l’attrice Billie Lourd ha raccontato in un’intervista di essere stata cresciuta così da sua madre Carrie Fisher, di recente scomparsa.
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