Corsetti, bustini, collant contenitivi, fasce, push-up, tacchi vertiginosi… sono molti gli indumenti e gli accessori di bellezza (o sarebbe meglio dire “di tortura”) che noi donne usiamo per essere più belle e attraenti. A fine giornata, però, spogliandoci, a volte percepiamo una sorta di liberazione… e sul nostro corpo rimangono impressi i segni di queste costrizioni: tracce di una bellezza innaturale, dettata dalla moda, che ci vuole sempre più magre, sinuose, toniche, e slanciate.
Il fotografo Justin Bartles ha sviluppato questa idea in un progetto fotografico. Con “Impression“ l’artista mette in evidenza come gli standard di bellezza e perfezione imposti dalla società influenzino le donne in maniera tale da spingerle a indossare abiti troppo stretti e scomodi, prediligendo la “costrizione” alla “emancipazione”.
Bartles scrive sul sito del progetto lo scopo del suo lavoro: raggiungere la coscienza delle donne e indurle a interrogarsi sugli abiti che indossano e, soprattutto, sui motivi che le spingono a farlo. Fonte di ispirazione? La sua esperienza personale con il mondo femminile: ricorda, infatti, il momento in cui le sue ex fidanzate si spogliavano degli abiti indossati durante la giornata, liberandosi anche – simbolicamente – del peso di essere donna in una società in cui l’apparire è spesso più importante dell’essere.
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