Ci sono talenti che aspettano tutta una vita per uscire allo scoperto. Il loro percorso è spesso duro e impietoso. Ma quando poi arriva l’occasione giusta, quando questi talenti – queste persone – riescono finalmente a emergere, splendono di una luce particolare. E riescono a illuminare il mondo attorno a loro in una maniera unica.
Donato di Camillo è un uomo che ha sempre avuto la passione per la fotografia. Non ha mai potuto davvero dedicarsi ad essa perché i suoi genitori, quando era un ragazzino, non potevano permettersi di comprargli una Polaroid. Così andava in giro con una vecchia fotocamera senza rullino, imitando i fotoreporter che vedeva nei giornali National Geographic raccattati da suo padre nei bidoni della spazzatura.
La povertà, è inutile dirlo, è il motore che più comunemente spinge al furto. C’è cascato anche Donato di Camillo, che si è fatto qualche anno di carcere. Sorpresa: nella biblioteca della prigione c’erano le stesse riviste di fotografia che in passato apprezzava tanto. Finalmente ha avuto l’occasione della sua vita. Gli anni passati dietro le sbarre sono stati la sua scuola: il tempo libero, che i suoi compagni passavano in tutt’altro modo, lui lo trascorreva sfogliando National Geographic.
Nel 2011 l’uomo è uscito di prigione e non ha avuto dubbi su come impostare la sua nuova vita. Ha iniziato a immortalare il mondo attorno a lui con una sensibilità diversa, acuita dall’esperienza del carcere e dalla vicinanza ai più emarginati della società. Proprio “Il margine” è il nome di uno dei suoi reportage urbani, quasi tutti scattati nell’area di New York. I suoi soggetti sono malati mentali, senzatetto, persone con gravi problemi fisici. In passato anche Donato era come loro e ciò spinge queste persone a fidarsi di lui, accettando di posare per uno scatto. Gli altri reporter spesso non ci riescono.
Come sarebbero le malattie mentali se si potessero vedere
Le malattie mentali hanno una caratteristica subdola: non si possono vedere. E questo fa sì che chi ne soffre si senta solo, incompreso e non capi...
Morbosità? Niente affatto: il fotografo ha dichiarato più volte di cercare nei suoi soggetti “qualcosa che vede anche in se stesso”. La scelta di un modello anziché un altro è un fatto istintivo, ma quasi sempre ciò avviene perché Donato ha visto in lui (o in lei) qualcosa in cui tutti, in un modo o nell’altro, possiamo relazionarci. È per questo che la maggior parte di noi cerca di ricacciare queste persone ai margini del proprio campo visivo, di non guardarle: perché non sono belle a vedere, e perché in qualche modo – sempre – ci ricordano noi stessi. Il talento di Donato di Camillo sta proprio nel catturare quel “qualcosa” e metterlo sotto gli occhi di tutti, con ritratti spiazzanti e spesso persino scioccanti, ma scattati con grande rispetto e sensibilità.
"Prego tutti i giorni di non morire ancora"
"Gli occhi della società"
Senza titolo
Dalla serie: "Verità americane non scritte"
"Good morning America"
“Wille Mae” continua a vivere nelle strade di Coney Island. Nonostante i numerosi problemi mentali, sopravvive ancora giorno dopo giorno. Mi fermo sempre per controllare se sta bene, ieri le ho chiesto 5 dollari. Neanche il tempo di finire la frase ed erano già fra le mie mani. Ovviamente non li ho presi, ma questo serve soltanto a dimostrare che cuore abbia”. Donato di Camillo
Senza titolo
"Foto scattata senza essere notato"
"Indizi di tristezza" ("Blues clues")
Senza titolo
"Scarpette di rubino"
"Gemma nascosta"
“Oh aspetta caro, non sono pronta, il mio make up è un disastro”. Ha detto così mentre si copriva.
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