Se è vero che più della metà delle donne subisce molestie a stampo sessuale di ogni genere, soprattutto nell’ambito scolastico o universitario, le parole del candidato repubblicano alla presidenza USA, Donald Trump, risultano non solo di un sessismo davvero sconfortate, ma ancora più atroci per il peso sociale del personaggio (che si candida a guidare la nazione più potente del mondo) e per la leggerezza con cui sono state pronunciate, quasi fosse una qualsiasi conversazione (davvero poco gradevole, per usare un eufemismo) in libertà, una confidenza “da maschi” fatta ad un amico al bar.
“Dopo i 35 anni le donne vanno lasciate” e “Fanno bene a chiamare mia figlia Ivanka pezzo di f…”, oltre a varie confidenze su rapporti sessuali a tre o con donne mestruate: sono queste alcune delle abominevoli frasi intercettate pronunciate dal tycoon americano, risalenti al 2006, è vero, ma c’è veramente poco che faccia pensare che Trump abbia cambiato idea riguardo al ruolo femminile nella società. Gli audio, portati a galla dalla Cnn, hanno naturalmente scatenato un vero e proprio polverone politico nel partito repubblicano, che sta pensando di rimuovere il magnate dalla corsa alla Casa Bianca per sostituirlo con il più morigerato Mike Pence; ma anche a livello mediatico, com’era ovvio aspettarsi, nessuno ha perdonato le parole di Trump, e c’è chi, per una volta, ha approfittato dei social network per diffondere un messaggio davvero importante: sulle molestie alle donne non si scherza, mai. Non c’è machismo o onore nel molestare una donne né tantomeno nel raccontarlo, e, soprattutto, occorre necessariamente levarsi dalla testa che si usi violenza su una donna esclusivamente con lo stupro: la violenza sessuale si esplica in molti modi, e le goliardiche pacche sul sedere, le mani sotto la gonna o gli ammiccamenti sgraditi sono comunque atteggiamenti violenti ed inaccettabili, che nessun uomo degno di tale nome dovrebbe mai rivolgere ad una donna.
È la “cultura dello stupro“, così la blogger canadese Kelly Oxford ha definito l’affair Trump sulle pagine del New York Times, e così si potrebbero definire tutti quegli atteggiamenti umilianti per la dignità femminile, oltre che violenti perché violano nel vero senso della parola il corpo delle donne e, più di tutto, la loro volontà. Kelly ha perciò lanciato sul proprio profilo Twitter l’hashtag #NotOkay, con cui ha invitato quante più donne possibili a farsi avanti per condividere con il mondo (non solo social) la propria esperienza. Senza vergogna, perché di certo questa non appartiene a chi subisce la violenza.
E sono in tante ad aver risposto, addirittura quasi 10 milioni i tweet arrivati da parte di bambine, ora donne, molestate dai vicini di casa, cameriere minacciate di licenziamento e costrette a subire ripetuti abusi, ragazze stuprate dai fidanzati respinti. Ed è angosciante pensare che, benché sembrino persino troppe, probabilmente sono solo una piccola parte di tutte coloro che ogni giorno vengono molestate.
In questa gallery abbiamo raccolto 23 testimonianze raccapriccianti postate con #NotOkay. E forse a leggerle dovrebbero essere soprattutto gli uomini, non solo le donne.
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